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Lor, Racconto di Novembre 2011

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michi78
view post Posted on 7/4/2012, 19:28     +1   -1




I .

Una distesa d'erba vastissima. Era quello che vedevi in cima alla torretta di controllo su Marte. Una distesa d'erba circondata dai monti. Non tutti i cittadini potevano permettersi di visitare Marte. Soprattutto in periodo di guerra perché i prezzi dei viaggi spaziali erano saliti vertiginosamente. Su Marte erano avvenuti omicidi di massa ma non si erano scoperti gli assassini ed era stato chiamato l'esercito. La situazione era tesa soprattutto per il fatto che i respnsabili dei crimini erano sconosciuti. Il soldato Lor venne chiamato a difendere Marte. Quel pomeriggio era seduto sulla torretta di osservazione a fare la guardia. Il cielo cupo mostrava un cerchio sfocato che ad occhio nudo poteva sembrare un pianeta ma che, in realtà era la galassia di Andromeda, ricca di vita aliena. Lor pensò alle sue due figlie ed a sua moglie, sulla Terra. Ormai il pianeta era sulla strada buona per diventare un gigantesco rifiuto. Non voleva che la sua famiglia morisse lì. Era fermamente deciso a difendere Marte e a dare velocemente termine a quella guerra per poi ritirare la paga e usarla per trasferire la sua famiglia su Marte...avrebbe dato tutto ciò che possedeva. Solo i militi delle caserme attive di Marte avevano il permesso di trasferirsi su di esso. L'umore di Lor non poteva che peggiorare. I suoi occhi blu guardavano per terra e riflettevano. Intorno la calma regnava. Si sentiva solo. Se non fosse stato per la casa che vedeva all'orizzonte, su uno dei monti che circondava la pianura in cui si trovava, avrebbe creduto di essere stato abbandonato a se stesso, per riflettere sulla stupidità umana e sulla propria. Le sue dita tremavano. Aveva passato giornate intere a fissarle chiedendosi per quali avvenimenti tremavano. Per la paura che la sua famiglia morisse nel pianeta tossico chiamato Terra? Per l'impazienza di tornare a casa e riabbracciare le figlie? Per il terrore di essere ucciso brutalmente dagli alieni? O tutte le cose insieme? Non lo sapeva. Forse era solo il fatto di essere lì da solo, lasciato in balia di se stesso. Aveva osservato molto quella casetta laggiù, lontana parecchi chilometri. Ormai si ricordava a memoria dell'edera che vi cresceva sulle pareti esterne. Si ricordava del camino sul quale un muschio perfettamente verde, e indicatore di inquinamento, stava beato, baciato dal sole di una stagione totalmente diversa dalla Terra. Primavera perenne, era quella che caratterizzava Marte dal giorno nel quale la colonizzazione era terminata. Lor sentì di sfuggita il gracchiare della radiotrasmittente.
Grachssssssssssss CSSSSS Grachsssssssssssss!!!!
Nonostante l'ampio campo raggiunto dalla radiotrasmittente non si sentiva bene. Gli ordini venivano dalla Terra...non erano molto chiari quando arrivavano. Lor amava quel pianeta. Ormai era lì da cinque mesi. Ma non si lamentava mai. E poi anche se avesse voluto lamentarsi non avrebbe potuto lamentarsi che con il vento, con l'erba e i monti.
Lor era privo di rabbia. Era pronto a servire il suo paese e pianeta Natale. Il sole già si abbassava. Come sempre Lor scese lo scivolo in silicone della torretta e arrivò nella camera delle provviste. La torretta era costruita seguendo uno stratagemma. Era formata da tre piani alti ciascuno sette metri. Il primo era una specie di bunker, il secondo conteneva le provviste bastanti per anni interi e l'ultimo piano non aveva copertura e permetteva a Lor di sporgere con la sua arma per combattere contro eventuali alieni. Il tutto era in acciaio ormai inscurito dal tempo e dagli agenti atmosferici. Lor prese due barrette energetiche e le trangugiò. Non aveva molta fame. Era un tipo che beveva poco. Infatti ogni volta che orinava l'orina era di colore rossastro. Il tempo passava lento e pigro come il sole. Esso sembrava fermarsi, a volte, come dotato di un autonomia e di un proprio volere soprannaturale. Ogni sera Lor si metteva in ascolto con il binocolo notturno sotto mano. Durante la notte veniva accompagnato dal canto di una ragazza che viveva nella lontana casetta. Il vento portava la sua voce sino a Lor insieme con una malinconia che gravava su di lui come un macigno che si ingrandiva con il passare del tempo. Un pomeriggio Lor vide una macchina attraversare la vallata in direzione della sua torretta e la speranza di una licenza lo colse...ma lo sconforto fu ancora più gravoso quando Lor vide il veicolo che scartava bruscamente e che si cappottava e accartocciandosi urtando contro i rari massi che incontrava. Un uomo uscì dalla macchina in fiamme quando quest'ultima ebbe finito di rotolare ma dopo due passi, che assomigliavano a quelli di un ubriaco, cadde a terra, inerte. E così rimase. Non si rialzò. Lor fu comunque incuriosito dal fatto. La presenza degli alieni lo terrorizzava ma lo eccitava nello stesso momento. Gli ordini che aveva ricevuto cinque mesi prima erano di non scendere mai dalla torretta e di contattare subito il QG(Quartiere Generale che in questo caso era la Terra) in caso di avvistamenti alieni. Ma gli ordini, quel pomeriggio, per lui non valevano. Così scese dalla torretta e raggiunse l'uomo, steso accanto alla macchina, che ancora bruciava. Lor si inchinò e osservò l'uomo. Era sulla trentina, capelli biondi e sguardo da temerario. Come figura era un po' tenebrosa. Lor lo trascinò sin sotto la torretta e scavò una buca, seppellendo il poveretto. Tornò alla macchina per controllare che dentro non ci fosse nessun altro. Vuota. Salì nuovamente sulla torretta e continuò a fare la guardia. Desolazione, è ciò che vedevano i suoi occhi. Un pianeta rigoglioso ma senza popolazione. Be', in realtà c'era un popolo ma non era quello che volevano i regnanti. Lor premette una leva della radiotrasmittente e comunicò l'avvistamento. Dopo quattro minuti che sembrarono un eternità arrivò la risposta:
-Attendere rinforzi.
Avrebbe detto poco incoraggiante quella risposta ma era sempre meglio che niente. Anzi, Lor era felice di sentire una voce umana. Erano cinque mesi che viveva da eremita, senza contare la compagnia del cadavere di un giovane soldato sventurato. Scese la notte. Controllò l'orologio. Sulla Terra erano le quattro del pomeriggio. L'ora in cui le sue figlie uscivano da scuola. Si rigirò tra le mani un foglio sgualcito e spiegazzato sul quale vi era un disegno che la primogenita aveva fatto per lui, prima che partisse. Le lacrime gli vennero spontaneamente agli occhi, per poi solcare la sua guancia in un attimo pieno di amarezza. Il vento, come al solito, gli portò la voce della fanciulla. Quella voce lo teneva in compagnia e lo cullava. Proprio con questa voce nelle orecchie si addormentò. Un grave errore addormentarsi di notte...

Lor venne svegliato dal prurito terribile che sentiva ai polsi. Lo vista era appannata e il suo pensiero confuso. Pian piano il dolore rese lucido Lor e lo svegliò completamente. Era ancora buio. Quando riuscì anche a mettere a fuoco ciò che aveva attorno ebbe un tuffo al cuore. Era stato circondato dagli alieni. Cioè...la torre era stata circondata. Quegli esseri ambigui e misteriosi erano in tutto quattro, assomigliavano agli uomini...avevano una sola differenza...i capelli erano lunghi e rigidi e il viso sembrava deturpato...gli occhi erano due come i terrestri ed erano privi del naso. Avevano lunghi canini e vari denti appuntiti come gli animali carnivori. Erano lì, sotto di Lor... ma non guardavano lui...non stavano assediando la torre, bensì stavano cercando qualche cosa. Calpestando l'erba lasciavano un liquido verde dove appoggiavano le zampe di forma sconosciuta.
-Ei voi!!- gridò Lor puntando loro il suo mitra. Gli alieni scapparono lasciando le loro strane tracce. Lor, traumatizzato e scosso, chiamò la Terra e con voce tremolante chiese l'urgente bisogno di rinforzi e questa volta gli diedero una risposta precisa:
-Grazie per averci contattato soldato semplice Lor, fai parte della postazione nella regione New Rome?
-Si signore.
-Distretto?
-Distretto quindici signore.
-Bene, fra meno di ventiquattro ore arriveranno gli aiuti direttamente dalla Terra.
-Grazie signore.
Così si chiuse il colloquio. Lor ebbe dunque modo di mettersi l'anima in pace ma non riuscì a chiudere occhio nemmeno di giorno per paura che tornassero e che lo prendessero di mira. Lor non aveva ancora ucciso nessun alieno anche se tra gli ordini c'era quello di sparare a vista. Lui però non se la sentiva di sparare se non fossero stati loro ad attaccare per primi...potevano benissimo essere civili alieni...semplicemente curiosi della tecnologia terrestre. E poi c'era una possibilità in più di scamparla se fosse stato catturato(per non aver ucciso alieni). Ma Lor non si sentiva tranquillo lo stesso. E faceva bene. Dopo sei ore dall'avvistamento dei quattro alieni, quando ormai il sole era di nuovo alto nel cielo, Lor vide arrivare due camion dalla strada maestra, la quale attraversava le montagne. Stavolta non ci fu nessun incidente e Lor fu entusiasta di accogliere i soldati in arrivo dallo spazioporto.
-Chi va là? Gridò Lor senza mostrare la felicità che provava a vedere dei suoi simili.
-Rinforzi dalla Terra.
-Siate i benvenuti.
In tutto erano venti uomini.
-Non mi aspettavo così tanti rinforzi. Mi sarebbero bastati cinque uomini.
-Non è questione di bisogno. La popolazione sulla Terra è raddoppiata dal giorno in cui sua Maestà ha imposto il divieto e la maggior parte è disoccupata. Molti ragazzi si sono arruolati...e sono stati spediti su Marte. Per voi veterani ora sarà una passeggiata difendere Marte.
-Portate notizie signore?
-Certo, lei se ne può andare di qui.
A Lor girò la testa per un attimo.
-Quindi...posso tornare a casa?
-Be'...veramente...no.
Lor lascio trapelare la sua delusione con lo sguardo con lo sguardo. Il superiore con il quale stava parlando dovette capire lo sguardo perché rispose:
-Mi dispiace soldato, capisco la tua situazione: anch'io sono stato di vedetta per molto tempo e mi sono sentito male quando mi hanno riferito che dovevo andare veramente in guerra dopo tanto tempo passato a sorvegliare sulla mia torretta. Ma è il destino di ognuno di noi. E' anche fortunato: dicono che la guerra finirà presto. Questione di giorni.
-Be' io non credo alle voci sino a quando non vedo con i miei occhi.
-Fai bene soldato. Allora? Dove è il cadavere del milite?
-Ai piedi della torretta.
Lor scese raggiungendo il superiore e lo guidò sino al punto dove aveva seppellito l'uomo. Il vento soffiava caldo. Lor aveva sentito tante voci alla radio dire che il mare su Marte era stupendo, più che sulla Terra, ma non aveva mai potuto verificarlo. Le uniche cose che aveva visto sinora di Marte erano lo spazioporto e i monti che circondava la “sua” valle. L'erba della valle si muoveva offrendo spettacolo ai monti, spettatori muti. Il silenzio era rotto solo dall'ululare del vento e dal rumore dei passi di Lor e del superiore sul ghiaino artificiale sotto alla torretta. Lor diede istintivamente uno sguardo fugace alla casetta lontana che per tanto tempo gli aveva tenuto compagnia. Poi indicò al superiore il luogo di sepoltura dell'uomo. Il superiore, all'improvviso, sorprese Lor chinandosi a baciare il suolo in segno di rispetto verso il morto. Lor restò fermo, irrigidito dall'imbarazzo. Anche i venti soldati disposti in riga davanti ai camion parcheggiati erano sorpresi.
-Signore?
-Si? Rispose il superiore con assoluta calma.
-Cosa sta facendo?
-Ho pensato a mio figlio- disse. Un attimo dopo il ghiaino era bagnato.
Lor abbassò lo sguardo e sorrise. Finalmente un brav'uomo, pensò,no...un buon uomo.
Un momento, ma solo quel momento, Lor sentì di essere felice. Non seppe spiegarsi il perché ma non voleva saperlo...sentiva la natura di Marte. I dolori psicologici erano scomparsi e l'ego era di nuovo forte. Ma questo durò solo un attimo. E dopo ripiombò nell'insicurezza, di tutto, del mondo, nell'affidabilità degli uomini. Ma sentiva di potersi fidare del suo superiore, che in quel momento era chinato sulla tomba.
Quest'ultimo si rialzò e disse:
-Bene Lor. Si parte.
Dieci soldati, aveva detto il superiore, sarebbero rimasti lì al posto di Lor mentre gli altri sarebbero andati in guerra con Lor e il superiore.
-Signore?
-Dimmi tutto.
-Non mi ha ancora fatto l'onore di presentarsi.
-Oh, scusami tanto Lor. Piacere, mi chiamo Lavin de' Selamo ma tutti mi chiamano Pig perché russo come un matto quando dormo.-disse creando un po' di ilarità tra i soldati.
-Piacere di conoscerla signore.
Vidi la torretta allontanarsi con la sensazione di vuoto che aveva provato tutti quei mesi. Seguì con lo sguardo la casetta della fanciulla che sentiva cantare tutte le notti. Con dispiacere la perse di vista quando il camion si addentrò nel passo tra i monti.

Edited by michi78 - 17/5/2012, 21:48
 
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